mercoledì 25 gennaio 2012

Professione Blogger

Come lavorare (e vivere) grazie al blog.
I giovani editori di se stessi.

di Barbara Nevosi

Il linguaggio della cravatta

di Barbara Nevosi
Chi la indossa per consuetudine, chi per spirito di provocazione, per senso di appartenenza e chi ne fa volentieri a meno. Di chi la indossa racconta il temperamento, il guizzo, l'originalità, il cattivo gusto o l'assoluto aplomb. Dietro la cravatta, croce e delizia di molti, si celano un linguaggio da interpretare.
Il cambiamento: da Wilde a Marchionne
“Una cravatta bene annodata è il primo passo serio nella vita”. Parole di Oscar Wilde che aveva individuato il nodo della questione:  il potere simbolico della cravatta. “E’ icona di una convenzionalità che non mi piace – spiega Stefano Dominella, imprenditore e consigliere della Camera Nazionale della Moda – Riporta subito al perbenismo, all’immagine statica dell’abbigliamento maschile. Si può essere eleganti anche senza”. Come Sergio Marchionne, a.d. di Fiat, che con i suoi pullover di cashmere ha dato un segnale di rinnovamento. “Ha rotto gli schemi – continua. - Un uomo di carisma non ha bisogno della cravatta per ribadire il proprio status e potere. Io – aggiunge - la indosso il primo giorno di lavoro dopo le vacanze, è un modo per rimettermi in riga”. ''Non potrei farne a meno – ribatte il giornalista Antonio Caprarica, corrispondente Rai da Londra. - Mi sentirei nudo senza. Unica nota sgargiante su abiti maschili molto formali – conclude. - Assimilabile alle piume, coloratissime, di un gallo ''.
Da Napolitano a Sarkozy, i politici non ne possono fare a meno
Chi ricorda la cravatta della scuola di diritto di Yale indossata dal ministro dell’Economia Tremonti lo scorso 13 agosto alla conferenza stampa della presentazione della manovra? “Quella del college? Un segno di appartenenza a un club” – sottolineava il ‘re’ della cravatta Maurizio Marinella. Cravatta e politica vanno a braccetto, ma non tutti la sanno indossare in maniera appropriata come Giorgio Napolitano. Secondo Dominella l’eleganza del Presidente non ha niente a che vedere con Obama in cravatta che “sembra un replicante di un broker di Wall Street”, o quelle “troppo lunghe” di Sarkozy che “dovrebbe farsele fare su misura”. Berlusconi poi, coi tradizionali pois di Marinella “pensa di dare sicurezza”.
La seduzione passa per il tessuto
Non una questione di colore, né di tipologia, a fare la differenza è il materiale. Per Marco Romanelli, architetto e designer milanese la cravatta impone una distanza. “Qui a Milano – dice - i bocconiani ne hanno fatto un simbolo. Per me la differenza la fa il tessuto”. Il più grande sostenitore di questa tesi? E’ Alberto Valentini, il 'Salvador Dalì della cravatta' per via dei suoi baffoni e capelli scompigliati che ricordano il pittore surrealista. Amato da politici e da rampolli come Lapo Elkann, nei suoi laboratori di via dei Coronari a Roma custodisce oltre 30 mila metri di tessuto per confezionare le sue creazioni. Fuori moda quelle di seta, Valentini preferisce il gabardine, i lini irlandesi, le lane, i tweed. Con la linea 'liquido amniotico' ha lanciato modelli in materiale tecnologico, impalpabile, da accarezzare e ha pensato alle signore, alle quali propone di indossare la cravatta sull’abito da sera al posto dei gioielli.