da sinistra: Daniel Terranegra, Daniele Amendola, Astrid Meloni, Giulia Weber |
Di seguito l'intervista a Giulia Weber, attrice e interprete del testo di Jopeck, che è sul grande schermo in "Maternity Blues" di Cattani.
Giulia Weber: io, il teatro e la maternità sul grande schermo.
E’ nelle sale
cinematografiche in “Maternity blues” di
Fabrizio Cattani e stasera (ore 21) debutta sulla ribalta del Sala Uno in
“Alzir dea. Soltanto un giorno, due giorni forse” di Constantin Jopeck accanto a Daniele Amendola,
Astrid Meloni e Daniel Terranegra. Fiorentina, classe 1966, Giulia Weber viene
dalla gavetta, al cinema ha lavorato con Francesco Nuti e Spike Lee, in teatro
ha sempre scelto con cura i copioni, lasciandosi anche sedurre dal talento di
un giovane regista al debutto. Repliche fino al 6.
Giulia, Jopeck ha solo
20 anni è stasera debutta come regista. Finalmente largo ai giovani?
Sì. Ci sono i
bamboccioni e ci sono molti ragazzi che si mettono in gioco. Constantin ha
grande coraggio. Ha scritto questo testo a 17-18 anni e dimostra di avere una
testa molto più grande della sua età.
Una compagnia di
giovani per una pièce difficile da descrivere. Che spettacolo è “Alzir dea”?
E’ un onirico,
evocativo, animato da personaggi che vivono sospesi, ognuno con il proprio
pesante fardello da gestire.
Ma Alzir, chi è?
Non è un personaggio
in carne e ossa quanto la possibilità di vita che ognuno si crea. E’ una figura
evocativa che rappresenta tante cose: è il nome di una barca, la statua nel
giardino, il ricordo…
In scena una serie di
archetipi. Lei chi interpreta?
Io sono la madre, una
donna con una grande tristezza. Il marito si è suicidato e lei ha un rapporto
difficile con la figlia, ma non riesce a vedere le cose per quello che sono.
Lo spettacolo ha il
sostegno della compagnia di Pierre Note, da cosa nasce questa sinergia?
I testi di Pierre sono
stati rappresentati al Sala Uno, Constantin è francese, recitava e suonava il
clarinetto negli spettacoli di Reza Keradman (direttore artistico Sala Uno). A
Pierre che lo conosceva, è piaciuto il testo e ha sostenuto lo spettacolo.
Che ricordo ha di
Spike Lee sul set?
Molto positivo, ha un
grande senso del gruppo, del lavoro ed è molto rigoroso. In lui c’è tutto
l’amore, la gioia e l’amore per questo mestiere e per i suoi attori.
In “Maternity blues”
si parla depressione post parto che spesso porta le madri ad uccidere i figli.
Che ne pensa?
Ho amato fare questo
film, il tema è delicato. Mettere al mondo un figlio può essere devastante. Mi
piace che nel film non c’è giudizio, ma si prende una posizione in merito alla
questione.
Che sogni ha per il
futuro? Ha mai pensato alla regia?
No, mi sentirei
inappropriata. Amo troppo la ricerca e la trasformazione alla quale ti porta la
recitazione. Per il futuro ho un progetto top secret che sta per diventare
realtà.
Barbara Nevosi
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